Outlook 2021

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Nell’ outlook del 2020 immaginavamo una pausa correttiva dei mercati finanziari nei primi mesi dell’anno a consolidare gli eccessi dei mesi precedenti ed a creare la rotazione necessaria per rendere ancora possibile un’estensione del mercato rialzista.

In realtà quello che è avvenuto sui mercati finanziari è senza precedenti così come le scelte politiche ed economiche viste nei mesi successivi e che in parte abbiamo commentato.

Abbiamo visto la realizzazione di un bear market tra i più violenti della storia ma un recupero ancora più violento stimolato dalle politiche monetarie che negli anni precedenti si erano affinate ad assorbire ed a ridurre gli effetti delle crisi dell’economia reale.

Dopo questo primo intervento a sanare gli squilibri causati dalla carenza di valuta internazionale è intervenuta la politica con un piano di stimoli fiscali, e garanzie pubbliche senza precedenti per compensare la necessità di rallentare la diffusione del virus.

14 triliardi di dollari di nuova offerta di moneta emessa dalle principali banche centrali in un anno sono stati la linfa per il forte recupero dei valori azionari, e la forte compressione dei rendimenti obbligazionari che abbiamo visto nel corso del 2020.

La congiunzione di una politica fiscale ed una monetaria espansiva a seguire i precetti dei neo keynesiani, della balance sheet recession di Koo o dell’MMT non importa. Si tratta di politiche estremamente espansive a fare da contraltare ad una situazione economica molto difficile in cui le piccole imprese sono colpite sostanzialmente al contrario dei giganti del web che hanno prosperato anche grazie alle politiche sociali implementate in molti dei paesi.

E’ però esemplare la capacità di una crisi pandemica di separare i paesi con un piano pandemico ben strutturato, un sistema sanitario non falcidiato da anni di politiche fiscali restrittive e una chiara organizzazione sociale e quelli dove tutto questo era stato fatto oggetto di strali senza precedenti nei decenni precedenti.

L’accelerazione dello spostamento dell’asse economico verso l’Asia ha avuto una ulteriore accelerazione in quest’ anno segnato da un occidente che ha visto una forte frenata economica ed un Asia che ha visto la medesima frenata economica ma molto più limitata nel tempo perché i sistemi organizzativi e la struttura sociale estremamente accentrata hanno consentito una più rapida reazione con molti meno contrasti di quelli visti in occidente; occidente con un sistema di potere già debilitato dalle crisi finanziarie precedenti e susseguenti la grande recessione del 2008 che ne hanno polarizzato la politica e resa più complessa la fase decisionale.

Come alcuni sociologi vanno ricordando questi ultimi anni hanno messo in discussione le competenze ed i competenti globali. Le aspettative macro andate deluse a ripetizione non solo nella sfera economica hanno causato un fiorire di teorie alternative, alcune con solide basi metodologiche, altre molto più esoteriche ma che hanno tutte in comune la tendenza generale a non credere più alle elite.

Questa situazione rende più fragili i mercati ma anche più imprevedibili nonostante le iniezioni di liquidità cerchino di orientarli positivamente.

I rendimenti decrescenti della competenza e la costante esclusione da quella sfera anche di competenti che non riescono ad entrare nei salotti buoni della competenza forzano lo sviluppo o il recupero di teorie economiche finanziarie dimenticate o sottovalutate.

Nel caos previsionale di questi ultimi anni, dove la polarizzazione tra superpotenze mette ulteriormente in discussione paradigmi consolidati abbiamo visto alcuni trend che stanno prendendo sempre più piede anche nell’economia e nella finanza mainstream.

Non solo la pandemia ha causato effetti iatrogeni, cioè effetti dove la cura causa delle nuove patologie, ma anche nell’economia e nella finanza notiamo effetti iatrogeni sempre più amplificati. Ad ogni tentativo di trovare una soluzione alla stagnazione economica, alle crisi finanziarie vediamo in azione cure che presuppongono un’evoluzione patologica ancora più grave.

La storia dei mercati finanziari e dell’economia degli ultimi 30 anni rappresenta molto bene questo trend, nonostante dalla fine della crisi del 2008 sui mercati finanziari si sia creata una grossa dicotomia tra mercati forti e mercati deboli, dicotomia ben rappresentata dalle performance stellare dei mercati USA verso il resto del mondo ma anche dalla performance di alcuni titoli rispetto ad altri all’interno degli stessi mercati.

Il modello di crescita, dalla fine degli accordi di Bretton Woods ad oggi viene messo in discussione ma le nuove teorie non hanno ancora la struttura e le gambe per sostituirsi alle vecchie e quindi il conflitto sovrastrutturale si mischia a quello geopolitico.

Non possiamo sapere se la pandemia segna una spallata decisiva ai modelli di crescita del passato o ancora una volta l’economia e la finanza mainstream riusciranno ad aggiustare la situazione seguendo modelli consolidati; il giro di giostra è comunque sempre più vorticoso.

Il fatto che, un libro come quello di Stephanie Kelton, “Il mito del deficit” sia diventato un best seller mondiale è esemplificativo di come il sistema sia alla ricerca di soluzioni, che logicamente vengono contrastate dal sistema economico dominante e che sicuramente ha ancora bisogno di approfondimenti ma che segnano un tratto ben preciso di cambiamento paradigmatico.

L’espansione monetaria, l’helicopter money sono gli aspetti più plateali di questo spostamento del pensiero economico attuale ma basta guardare alcuni recenti paper di consiglieri economici ai tempi della presidenza Obama per capire quale strada è in corso di tracciamento.

Riporto a titolo di esempio un recente commento firmato dal duo Larry Summers e Jason Furnam:

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Anche i recenti commenti di Powell sulla sostenibilità del debito USA e sula sostenibilità delle valutazioni azionarie rispetto al debito indicano una de escalation del tema rispetto alle considerazioni di qualche anno fa.

E’ lampante che il tema successivo ad una situazione debitoria considerata meno preoccupante e ad una situazione di crescita che deve a tutti i costi ripartire diventa l’inflazione.

Scomparsa dall’orizzonte oramai da anni ci si domanda se le politiche messe in atto in questo ultimo anno possano avere effetti inflazionistici nonostante alcuni macro trend (tecnologia e demografia) abbiano un impatto sostanzialmente deflazionistico.

In questo contesto le tensioni geopolitiche, un minimo importante di molte materie prime  a causa del forte rallentamento economico, una fase di deglobalizzazione significativa, la possibilità che in diversi paesi si veda una crescita salariale robusta soprattutto nelle fasce più povere della popolazione, un aumento dei costi derivanti dalla gestione delle spese climatiche, potrebbe causare un aumento dei prezzi soprattutto negli asset finiti e cioè soprattutto materie prime ma anche commodities del settore tecnologico (ad esempio semiconduttori) soprattutto se le tensioni tra le varie realtà non dovessero scemare.

In realtà questo trend è già in essere da qualche mese ed in effetti il prezzo di diverse materie prime industriali si muove al rialzo dai minimi di Aprile 2020.

Questo non vuol dire che i prezzi esploderanno al rialzo, ci sono fattori come detto che tendono a tenere sotto controllo l’inflazione che non sono solo fattori macro ma anche più strettamente fattori monetaria.

La crisi delle valute fiat ha permesso anche in questo caso ad una tecnologia disruptive di fare il proprio passo nella finanza mainstream.

Nel momento in cui il sistema emette nuova massa monetaria a ritmi senza precedenti non più per motivi prettamente finanziari come erano i primi QE, ma per motivi prettamente fiscali e di controllo del costo del debito è evidente che dei dubbi si addensano sul futuro delle valute nazionali.

E’ in questo contesto che nascono e prosperano le criptovalute, come già avevamo citato in altro articolo, a richiamare il desiderio di Keynes di creare una valuta mondiale (il Bancor)  ai tempi delle trattative sulla nuova architettura economica mondiale post seconda guerra mondiale.

All’epoca il tentativo fallì per l’opposizione USA che volle centrare la propria egemonia politica e militare sulla propria moneta nazionale.

Ora attraverso il mondo delle monete digitali si tenta l’assalto alla supremazia delle valute fiat nazionali. Nonostante forti dubbi sulla loro sopravvivenza, senza un cambiamento radicale della struttura politica del mondo, e con mille dubbi derivanti dall’enorme potere di sorveglianza che una valuta completamente digitale può dare, dagli esorbitanti costi energetici e tecnologici di produzione, dai rischi di potenziali cartelli, truffe ecc. non possiamo che valutare positivamente l’idea stessa che sta dietro il progetto bitcoin e suoi derivati.

Diverso è il funzionamento attuale che ben poco ha da spartire con una valuta digitale e molto ha a che fare con un warrant a leva infinita come infinita e la capacità di convertire asset fisici o digitali in moneta fiat.

L’esplosione dei prezzi, giustificata sicuramente dai rischi derivanti da un’espansione monetaria senza precedenti serve in realtà da camera di compensazione di parte degli eccessi monetari sugli altri asset di rischio che senza la presenza delle criptovalute avrebbero valutazioni ancora più esagerate.

Le criptovalute fanno ancora una volta da cuscinetto all’espansione delle masse monetarie  ma non ne risolvono il problema ma anzi lo amplificano ulteriormente.

Questo non vuol dire che la corsa si fermerà domani, anche se molto probabilmente siamo vicini ad un nuovo top, necessario affinché la camera di compensazione resti a svolgere quel compito e non diventi un meccanismo di drenaggio di liquidità estremamente pericoloso per l’economia reale ma soprattutto per buona parte degli asset finanziari.

Tornando ai mercati finanziari, se l’ipotesi di una ripresa economica si farà largo nel corso del 2021 questo dovrebbe consentire una ulteriore rotazione che potrebbe favorire sicuramente il settore industriale e parte del settore finanziario almeno quello maggiormente esposto agli investimenti nell’economia.

Dal punto di vista geografico è evidente che una ripresa premierà i mercati più forti e quindi l’asia potrebbe farla da padrona ma, se la ripresa fosse abbastanza robusta, anche i frontier market potrebbero sovraperformare

Questo non abbatterà il trend di forza dei tecnologici nel medio lungo periodo ma ne dovrebbe far rientrare la forza relativa consentendo di raggiungere valutazioni più elevate non solo ai settori in bolla ma a tutto il corpo del mercato. Il settore obbligazionario difficilmente offrirà extra rendimenti in questa fase ma anzi potrebbe segnare qualche risultato negativo nelle componenti meno rischiose anche se ampiamente ammortizzate dai massicci acquisti delle banche centrali che dovrebbero al limite scemare ma non annullarsi soprattutto se gli investitori non ritorneranno su quei mercati.

La nazionalizzazione di buona parte dei mercati obbligazionari nazionali occidentali è un dato oramai certo con buona pace di tutte le discussioni sul liberismo, la scarsa efficienza statale ecc.

Vogliamo però tornare un attimo sulle premesse iniziali che ancorchè ancorate a temi più prettamente filosofici non possono essere dimenticate da un investitore nel corso del 2021.

Il sistema economico, nel suo evolversi si sta probabilmente avvicinando ad una fase rivoluzionaria che, come ricorda Sebastiano Barisoni nel suo libro “Terra Incognita” riportando il pensiero del filosofo Thomas Kuhn, si distingue perché distrugge i paradigmi esistenti.

Se così fosse è evidente che l’andamento lineare che abbiamo descritto in queste poche righe verrebbe spazzato via e anche il settore finanziario si troverebbe a viaggiare su mappe inesplorate.

Per questa ragione si deve ricordare che una buona asset allocation necessita di una componente di oro come protezione da eventuali eventi rivoluzionari che colpissero il sistema economico sociale e finanziario in cui siamo immersi.

Zerohedge è un permabull! La sfida dei nuovi modelli economici all’instabilità dei mercati finanziari

Zerohedge è un conosciuto sito di news economiche politiche e finanziarie globali che ha negli ultimi anni costituito la fonte per un certo tipo di informazione finanziaria che non condivideva il mondo paludato e molto orientato al sistema economico e finanziario in essere proposto dai vari Bloomberg e Reuters.

Il suo approccio negativo verso i modelli conformati di soluzioni economiche alla crisi economica finanziaria degli ultimi anni, la sua impostazione fortemente scettica sugli scenari futuri dell’economia mondiale, la sua costante copertura delle tensioni geopolitiche globali, degli analisti meno conformati e indipendenti ne ha fatto un punto di riferimento per molti operatori dei mercati ed ha rappresentato per un certo verso molte delle opinioni contrarian che nel passato già popolavano la rete ma che non avevano la stessa cassa di risonanza.

Il sito Zerohedge ha cominciato a pubblicare il giorno 09/01/2009 nel pieno della fase finale della crisi finanziaria globale.

Un dato certo è che il comportamento dei mercati finanziari più esposti al rischio dalla  nascita del sito ha avuto sostanzialmente un andamento positivo sebbene non si sia mai realizzato quel fenomeno di crescita eccessiva tipico delle fasi più fortemente speculative perché le opinioni contrarian proposte anche dal sito in questione hanno continuato a torturare le posizioni rialziste degli operatori stimolate da politiche monetarie accomodanti come non mai.

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La liquidità in eccesso ha quindi trovato sfogo su mercati meno regolamentati (Criptovalute ecc…) se in cerca di rischio o viceversa, sui mercati meno rischiosi (bond) quando i timori della crescita proposti dai siti quali zerohedge sembravano prendere il sopravvento sul sentiment dei mercati come nelle fasi correttive del 2011/2015/2018.

Come molti di noi sanno i rischi preventivabili sono  quelli meno rischiosi per i mercati rispetto ai rischi imprevisti perché vengono già incorporati nei prezzi in assenza di distruzioni di liquidità o contrazioni derivanti da fenomeni monetari o esogeni.

Anestetizzare i rischi dei mercati elencandoli pressoché quotidianamente oppure fornendone delle versioni light ed a rilascio lento permette al mercato di costruire le difese necessarie ad affrontarli senza appunto causare danni eccessivi agli stessi.

la sfiducia nei media e nelle istituzioni tradizionali è quindi a nostro avviso servita ad impedire almeno parzialmente che la liquidità in eccesso fluisse in maniera eccessiva sui mercati di rischio (salvo il mercato USA che ha interessi geopolitici troppo elevati per potersi permettere correzioni dei mercati di rischio troppo estese a rischio di perdere il controllo dei flussi finanziari globali) e quindi limitandone il rischio bolla e premiando gli asset soprattutto da un punto di vista geopolitico.

Questa sfiducia però ha costruito anche la possibilità dello sviluppo di posizioni politiche/economiche/finanziarie considerate fino al decennio precedente marginali o eccessivamente rischiose.

Tra queste ha preso piede anche in alcune scelte politiche di alcuni paesi occidentali come il Giappone prima e gli USA di Trump poi l’MMT, cioè le teoria monetaria moderna, il tentativo cioè di trasportare il mondo del Quantitative Easing non solo al decile più ricco della popolazione mondiale ma anche al resto della popolazione, per evitare lo sviluppo della polarizzazione politica e per controllare le emergenti tensioni sociali dei paesi occidentali.

l’MMT è un insieme di ipotesi che tiene in considerazione la possibilità per i governi di espandere la propria politica fiscale aldilà dei potenziali rischi inflazionistici che verrebbero eventualmente gestiti, quando si creano, dalla tassazione che non è più uno strumento ridistrubutivo ma essenzialmente di controllo della moneta.

La materia è diversamente complessa e non mi interessa in questa sede approfondire il tema ma quanto piuttosto valutare le possibili influenze che queste considerazioni possono avere sui mercati.

La reazione dei mercati alla capitolazione delle banche centrali rispetto all’invito delle politica più vicina a queste istanze è stata il furioso rally degli ultimi mesi che ha totalmente ribaltato l’andamento degli ultimi mesi del 2018. Il movimento è avvenuto anche senza le normali incertezze che solitamente si manifestano quando le condizioni economiche non sono ancora positive perché le considerazioni di cui sopra sono state sostenute da tutte le forze intermarket comprese le strategie carry, risk parity e volatility compression.

Il recupero di forza delle criptovalute si innesta in questo contesto di esuberanza dei mercati di rischio e di considerazioni positive.

L’andamento sorprendentemente divergente tra il mercato dei bond, in forte ribasso di rendimento soprattutto nelle scadenze più brevi ,e quello dei mercati più rischiosi, fortemente al rialzo. sembra confermare che le ipotesi MMT possano entrare. anche se parzialmente. nei futuri scenari di investimento.

Naturalmente siamo anche in una fase in cui il rialzo ha già ricevuto molti spunti positivi; come detto nell’introduzione il mercato comincia a non credere più all’enorme mole di potenziali eventi negativi che uno dopo l’altro non si sono mai manifestati apertamente sui mercati. Le news perennemente scettiche sui mercati cominciano a mostrare i propri limiti ma contemporaneamente le strategie a sostegno dei mercati hanno raggiunto il loro zenith o quasi.

Nel frattempo la forza del dollaro comincia a causare dei problemi sul mercato degli eurodollari. Il dollaro internazionale è sempre più in contrazione attratto dalle scelte autartiche della politica USA e questo ha cominciato a stritolare i mercati più deboli e maggiormente dipendenti dal dollaro.

Il nostro problema non è essere permanenti Bull o permanenti Bear ma fornire le informazioni necessarie agli investitori per allocare nel modo migliore le proprie risorse finanziarie.

Le palesi tensioni politiche nei paesi occidentali, l’emergere di scuole economiche considerate estreme o quantomeno nuove nell’approccio, la polarizzazione del mondo politico possono essere trattate per anni come semplici notizie da blog ed anestetizzate nella liquidità fornita dalle banche centrali mammouth (FED BCE) ma quando entrano per davvero ed in maniera sorprendente sui mercati finanziari ne possono deviare i corsi in maniera radicale ed improvvisa.

Il desiderio politico di Trump di avere politiche fiscali espansive e monetarie accomodanti rientrano nel gioco politico per la sua rielezione e possono funzionare ma gli effetti di lungo periodo sono da valutare con estrema attenzione per gli asset finanziari USA e mondiali.

 

Guerra valutaria o guerra commerciale la parola d’ordine è MAGA

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Make America Great Again è l’acronimo che sta dettando i tempi dei mercati finanziari globali.

Al momento i capitali americani imperano sui trend di mercato creando correlazioni ed andamenti molto divergenti ma che in definitiva premiano costantemente gli asset finanziari USA, che sono anche lo strumento che permette agli USA (ed agli investitori internazionali) di avere i capitali disponibili per comprare gli asset USA soprattutto obbligazionari.

Negli ultimi giorni è lo stesso Trump che è sceso in campo per mediare i trend in atto di forza del dollaro che potrebbero mettere in discussione le strategie  messe in atto dalla sua amministrazione per riassorbire i capitali finanziari USA in giro per il mondo, per gestire la quota del debito pubblico e per poter istruire l’importante piano di investimenti previsto.

La manipolazione geopolitica è al suo top ed evidentemente non riguarda solo gli USA.

Pensiamo ad esempio alla forza degli ultimi mesi dell’acciaio o del petrolio susseguente al primo caso ai dazi e nel secondo caso agli embarghi oppure ancora allo steepening forzoso della curva dei tassi USA dopo le parole di Trump.

Tutti gli attori politici agiscono sui mercati per difendere le proprie posizioni di forza, le manovre più evidenti sono della Cina e del blocco che si oppone allo strapotere USA sui mercati. ma mentre i dati Cinesi sono opachi quelli di altre realtà sono molto più limpide e mostrano strategie di liquidazione degli asset USA ed una diversificazione degli investimenti verso altre asset class. (vedi il grafico sottostante con una riduzione delle obbligazioni governative USA detenute dalla banca Centrale Russa ed un contemporaneo aumento delle riserve in oro).

DigspRVVsAEk7MH.jpgLa de-dollarizzazione di diverse economie è un trend che dovrebbe consentire a diverse economie di sopravvivere ad un ulteriore rialzo dei tassi USA.

Aumentare e diversificare le proprie riserve rispetto a quelle in dollari dopo la crisi europea degli scorsi anni vede di nuovo premiare l’oro come asset di rifugio.

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In questo contesto però la geopolitica non agisce solo a livello di esecuzione di differenti strategie ma agisce anche e soprattutto a livello di aspettative che sui mercati sono tutto.

La guerra dei dati esplosa con l’affaire Cambridge Analytica è solo la punta dell’iceberg di una guerra di trasformazione di miliardi di dati ed opinioni per costruire il sentiment dei mercati in maniera tale da evitare la creazione di bolle speculative ma anche comprimendo l’animal spirit dei mercati e quindi gli stessi rendimenti.

Negli ultimi anni siamo passati da un allarme ad un altro costruito anche sfruttando le paure successive alla grande recessione del 2008. E queste ansie hanno limitato di volta in volta le esuberanze dei mercati di rischio facendo di fatto concentrare la liquidità sugli asset privi di rischio che nel frattempo venivano offerti in grande abbondanza per permettere agli stati di far fronte ai danni della grande recessione.

l’Hard Landing cinese, Brexit, break out dell’Euro, la crisi emergente ecc… ci hanno accompagnato negli ultimi anni con una regolarità impressionante ma senza causare quei danni che tutti immaginavano.

Oltre a questo un secondo fenomeno si è innestato con le elezioni di Trump e cioè il riassorbimento dei capitali USA turistici nel corpo del mercato USA che ha portato ad una lenta ma inesorabile sopravvalutazione degli asset USA nella presunta superiorità dei rendimenti degli stessi, rendimenti gonfiati artificiosamente dalle regole contabili che ne avvantaggiano alcune pratiche (buyback ecc…).

Il MAGA ha avuto appunto i suoi maggiori effetti la dove la potenza USA ha la sua maggiore forza e cioè sui mercati finanziari.

A tal riguardo portiamo alcuni esempi:

1)Gli asset azionari USA sono stati negli ultimi anni i più acquistati con l’accentuazione del differenziale di forza proprio quando è cominciata la politica di QT USA, mentre il resto del mondo è in una fase correttiva non ancora negata gli USA hanno ripreso buona parte delle perdite della correzione precedente.

Certamente la forza dei mercati USA è data da una parte dalle small cap e dall’altra da alcune big cap tecnologiche che hanno tenuto in piedi l’intero mercato e ne hanno mascherato una certa debolezza.

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Questo è anche razionale in considerazione delle politiche implementate da Trump che al momento hanno favorito soprattutto queste due tipologie di aziende in una fase in cui la liquidità disponibile si contrae.

2)I rendimenti obbligazionari HY che in una fase di contrazione di liquidità e di rialzo dei tassi tendono ad aumentare i propri rendimenti più in fretta dei titoli cosi detti sicuri mostrano che al contrario della correzione del 2015/2016 sono i rendimenti emergenti ed europei che stanno allargando maggiormente i propri rendimenti mentre la crisi shale che aveva connotato le obbligazioni ad alto rendimento USA nel precedente periodo sembrano oramai un lontano ricordo con una produzione che grazie al prezzo del petrolio (ed agli imbarghi imposti) è tornato a salire e rendere profittevole le estrazioni.

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3)I cambi hanno visto negli ultimi mesi un robusto recupero del dollaro ed una contemporanea debolezza di alcune valute emergenti con forte debito estero soprattutto in dollari.DiqBfL9WkAMfFd1.jpg

I più penalizzati sembrano proprio quelli che geopoliticamente danno i maggiori problemi agli USA ma è evidente che c’è stata una chiara forza del dollaro ma non è detto che la loro debolezza sia accettata ed infatti non viene vista come una manipolazione del mercato mentre altre debolezze vengono subito maggiormente analizzate per forzare i mercati ora in una direzione ora in un altra.

Venerdì Trump ha twittato:

“China, the European Union and others have been manipulating their currencies and interest rates lower, while the U.S. is raising rates while the dollars gets stronger and stronger with each passing day – taking away our big competitive edge. As usual, not a level playing field. The United States should not be penalized because we are doing so well. Tightening now hurts all that we have done. The U.S. should be allowed to recapture what was lost due to illegal currency manipulation and BAD Trade Deals. Debt coming due & we are raising rates – Really?”

Aldilà delle critiche alla FED poi in parte rientrate c’è una chiara irritazione per le politiche monetarie degli altri paesi che in realtà sono solo in ritardo rispetto al ciclo USA.

La sopra/sotto valutazione di un cambio è sempre difficile da verificare ma una delle tante misurazione ci dice che i valori oscillano regolarmente tra i due fattori ed ad esempio ora il più grande manipolatore dei cambi sembrerebbe essere il Giappone che però non viene mai menzionato mentre la Cina, nonostante la forte correzione di queste ultime sedute risulterebbe ancora con una valuta sopra valutata.

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In queste condizioni di continuo intervento geopolitico sugli asset finanziari non c’è però un vero scontro multipolare ma piuttosto il  tentativo delle varie aree di conquistare ciò che gli interessa a discapito di ciò che interessa meno.

Gli USA sono disposti a ritirarsi parzialmente dal globo ma in cambio di un rafforzamento della propria economia domestica, la Cina è disposta a conquistare alcuni degli spazi lasciati vuoti dagli USA  e quindi è disposta a cedere dal punto di vista economico ma senza causare un hard landing alla proprio economia, l’Europa cerca un autonomia decisionale ed è disposta a fare da bilancia di potenza ma in una fase in cui le singole nazioni mostrano delle forti contraddizioni sulla scena internazionale.

Difficile quindi fare un analisi dei mercati senza avere in testa questo confronto in atto di cui i risultati sono ancora incerti ma che segneranno molto probabilmente un nuovo ordine mondiale anche se non ancora definitivo.

Quando improvvisamente trovi la valuta cinese fortemente correlata all’oro e contemporaneamente con una parità abbastanza stabile con gli SDR emessi dal FMI è evidente che ti trovi di fronte a forze ed eventi particolari dove le spiegazioni sono molteplici e molto probabilmente tutte parzialmente vere.

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E questo lo ripetiamo in un cotesto in cui l’utilizzo dei big data è stato strumento di controllo dell’emotività dei mercati forse più dei sistemi automatici di trading perché ha consentito ai mercati di costruirsi potenti anticorpi emozionali.

Questo periodo dei mercati dura però da molto tempo; il nervosismo di inizio anno è un sintomo dell’insofferenza degli stessi, il mondo delle criptovalute ha fatto da parziale sfogo allo spirito animale dell’Homo finanziario ma l’interesse è via via scemato come il volume transattivo sembra dimostrare.

Il controllo dei mercati sta passando dalle autorità monetarie a quelle politiche ma il cambio per gli investitori potrebbe anche essere più negativo.

O si riesce a costruire una nuova Bretton Woods con adeguate infrastrutture (nuovo GATT/WTO, nuovo FMI ecc…) o le tensioni almeno sui mercati deflagreranno in maniera clamorosa e probabilmente senza preavviso.

Ad oggi il vantaggio USA sembra ancora significativo ma le dimensioni dei contendenti non sono quelle del Giappone anni 80.