Outlook 2021

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Nell’ outlook del 2020 immaginavamo una pausa correttiva dei mercati finanziari nei primi mesi dell’anno a consolidare gli eccessi dei mesi precedenti ed a creare la rotazione necessaria per rendere ancora possibile un’estensione del mercato rialzista.

In realtà quello che è avvenuto sui mercati finanziari è senza precedenti così come le scelte politiche ed economiche viste nei mesi successivi e che in parte abbiamo commentato.

Abbiamo visto la realizzazione di un bear market tra i più violenti della storia ma un recupero ancora più violento stimolato dalle politiche monetarie che negli anni precedenti si erano affinate ad assorbire ed a ridurre gli effetti delle crisi dell’economia reale.

Dopo questo primo intervento a sanare gli squilibri causati dalla carenza di valuta internazionale è intervenuta la politica con un piano di stimoli fiscali, e garanzie pubbliche senza precedenti per compensare la necessità di rallentare la diffusione del virus.

14 triliardi di dollari di nuova offerta di moneta emessa dalle principali banche centrali in un anno sono stati la linfa per il forte recupero dei valori azionari, e la forte compressione dei rendimenti obbligazionari che abbiamo visto nel corso del 2020.

La congiunzione di una politica fiscale ed una monetaria espansiva a seguire i precetti dei neo keynesiani, della balance sheet recession di Koo o dell’MMT non importa. Si tratta di politiche estremamente espansive a fare da contraltare ad una situazione economica molto difficile in cui le piccole imprese sono colpite sostanzialmente al contrario dei giganti del web che hanno prosperato anche grazie alle politiche sociali implementate in molti dei paesi.

E’ però esemplare la capacità di una crisi pandemica di separare i paesi con un piano pandemico ben strutturato, un sistema sanitario non falcidiato da anni di politiche fiscali restrittive e una chiara organizzazione sociale e quelli dove tutto questo era stato fatto oggetto di strali senza precedenti nei decenni precedenti.

L’accelerazione dello spostamento dell’asse economico verso l’Asia ha avuto una ulteriore accelerazione in quest’ anno segnato da un occidente che ha visto una forte frenata economica ed un Asia che ha visto la medesima frenata economica ma molto più limitata nel tempo perché i sistemi organizzativi e la struttura sociale estremamente accentrata hanno consentito una più rapida reazione con molti meno contrasti di quelli visti in occidente; occidente con un sistema di potere già debilitato dalle crisi finanziarie precedenti e susseguenti la grande recessione del 2008 che ne hanno polarizzato la politica e resa più complessa la fase decisionale.

Come alcuni sociologi vanno ricordando questi ultimi anni hanno messo in discussione le competenze ed i competenti globali. Le aspettative macro andate deluse a ripetizione non solo nella sfera economica hanno causato un fiorire di teorie alternative, alcune con solide basi metodologiche, altre molto più esoteriche ma che hanno tutte in comune la tendenza generale a non credere più alle elite.

Questa situazione rende più fragili i mercati ma anche più imprevedibili nonostante le iniezioni di liquidità cerchino di orientarli positivamente.

I rendimenti decrescenti della competenza e la costante esclusione da quella sfera anche di competenti che non riescono ad entrare nei salotti buoni della competenza forzano lo sviluppo o il recupero di teorie economiche finanziarie dimenticate o sottovalutate.

Nel caos previsionale di questi ultimi anni, dove la polarizzazione tra superpotenze mette ulteriormente in discussione paradigmi consolidati abbiamo visto alcuni trend che stanno prendendo sempre più piede anche nell’economia e nella finanza mainstream.

Non solo la pandemia ha causato effetti iatrogeni, cioè effetti dove la cura causa delle nuove patologie, ma anche nell’economia e nella finanza notiamo effetti iatrogeni sempre più amplificati. Ad ogni tentativo di trovare una soluzione alla stagnazione economica, alle crisi finanziarie vediamo in azione cure che presuppongono un’evoluzione patologica ancora più grave.

La storia dei mercati finanziari e dell’economia degli ultimi 30 anni rappresenta molto bene questo trend, nonostante dalla fine della crisi del 2008 sui mercati finanziari si sia creata una grossa dicotomia tra mercati forti e mercati deboli, dicotomia ben rappresentata dalle performance stellare dei mercati USA verso il resto del mondo ma anche dalla performance di alcuni titoli rispetto ad altri all’interno degli stessi mercati.

Il modello di crescita, dalla fine degli accordi di Bretton Woods ad oggi viene messo in discussione ma le nuove teorie non hanno ancora la struttura e le gambe per sostituirsi alle vecchie e quindi il conflitto sovrastrutturale si mischia a quello geopolitico.

Non possiamo sapere se la pandemia segna una spallata decisiva ai modelli di crescita del passato o ancora una volta l’economia e la finanza mainstream riusciranno ad aggiustare la situazione seguendo modelli consolidati; il giro di giostra è comunque sempre più vorticoso.

Il fatto che, un libro come quello di Stephanie Kelton, “Il mito del deficit” sia diventato un best seller mondiale è esemplificativo di come il sistema sia alla ricerca di soluzioni, che logicamente vengono contrastate dal sistema economico dominante e che sicuramente ha ancora bisogno di approfondimenti ma che segnano un tratto ben preciso di cambiamento paradigmatico.

L’espansione monetaria, l’helicopter money sono gli aspetti più plateali di questo spostamento del pensiero economico attuale ma basta guardare alcuni recenti paper di consiglieri economici ai tempi della presidenza Obama per capire quale strada è in corso di tracciamento.

Riporto a titolo di esempio un recente commento firmato dal duo Larry Summers e Jason Furnam:

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Anche i recenti commenti di Powell sulla sostenibilità del debito USA e sula sostenibilità delle valutazioni azionarie rispetto al debito indicano una de escalation del tema rispetto alle considerazioni di qualche anno fa.

E’ lampante che il tema successivo ad una situazione debitoria considerata meno preoccupante e ad una situazione di crescita che deve a tutti i costi ripartire diventa l’inflazione.

Scomparsa dall’orizzonte oramai da anni ci si domanda se le politiche messe in atto in questo ultimo anno possano avere effetti inflazionistici nonostante alcuni macro trend (tecnologia e demografia) abbiano un impatto sostanzialmente deflazionistico.

In questo contesto le tensioni geopolitiche, un minimo importante di molte materie prime  a causa del forte rallentamento economico, una fase di deglobalizzazione significativa, la possibilità che in diversi paesi si veda una crescita salariale robusta soprattutto nelle fasce più povere della popolazione, un aumento dei costi derivanti dalla gestione delle spese climatiche, potrebbe causare un aumento dei prezzi soprattutto negli asset finiti e cioè soprattutto materie prime ma anche commodities del settore tecnologico (ad esempio semiconduttori) soprattutto se le tensioni tra le varie realtà non dovessero scemare.

In realtà questo trend è già in essere da qualche mese ed in effetti il prezzo di diverse materie prime industriali si muove al rialzo dai minimi di Aprile 2020.

Questo non vuol dire che i prezzi esploderanno al rialzo, ci sono fattori come detto che tendono a tenere sotto controllo l’inflazione che non sono solo fattori macro ma anche più strettamente fattori monetaria.

La crisi delle valute fiat ha permesso anche in questo caso ad una tecnologia disruptive di fare il proprio passo nella finanza mainstream.

Nel momento in cui il sistema emette nuova massa monetaria a ritmi senza precedenti non più per motivi prettamente finanziari come erano i primi QE, ma per motivi prettamente fiscali e di controllo del costo del debito è evidente che dei dubbi si addensano sul futuro delle valute nazionali.

E’ in questo contesto che nascono e prosperano le criptovalute, come già avevamo citato in altro articolo, a richiamare il desiderio di Keynes di creare una valuta mondiale (il Bancor)  ai tempi delle trattative sulla nuova architettura economica mondiale post seconda guerra mondiale.

All’epoca il tentativo fallì per l’opposizione USA che volle centrare la propria egemonia politica e militare sulla propria moneta nazionale.

Ora attraverso il mondo delle monete digitali si tenta l’assalto alla supremazia delle valute fiat nazionali. Nonostante forti dubbi sulla loro sopravvivenza, senza un cambiamento radicale della struttura politica del mondo, e con mille dubbi derivanti dall’enorme potere di sorveglianza che una valuta completamente digitale può dare, dagli esorbitanti costi energetici e tecnologici di produzione, dai rischi di potenziali cartelli, truffe ecc. non possiamo che valutare positivamente l’idea stessa che sta dietro il progetto bitcoin e suoi derivati.

Diverso è il funzionamento attuale che ben poco ha da spartire con una valuta digitale e molto ha a che fare con un warrant a leva infinita come infinita e la capacità di convertire asset fisici o digitali in moneta fiat.

L’esplosione dei prezzi, giustificata sicuramente dai rischi derivanti da un’espansione monetaria senza precedenti serve in realtà da camera di compensazione di parte degli eccessi monetari sugli altri asset di rischio che senza la presenza delle criptovalute avrebbero valutazioni ancora più esagerate.

Le criptovalute fanno ancora una volta da cuscinetto all’espansione delle masse monetarie  ma non ne risolvono il problema ma anzi lo amplificano ulteriormente.

Questo non vuol dire che la corsa si fermerà domani, anche se molto probabilmente siamo vicini ad un nuovo top, necessario affinché la camera di compensazione resti a svolgere quel compito e non diventi un meccanismo di drenaggio di liquidità estremamente pericoloso per l’economia reale ma soprattutto per buona parte degli asset finanziari.

Tornando ai mercati finanziari, se l’ipotesi di una ripresa economica si farà largo nel corso del 2021 questo dovrebbe consentire una ulteriore rotazione che potrebbe favorire sicuramente il settore industriale e parte del settore finanziario almeno quello maggiormente esposto agli investimenti nell’economia.

Dal punto di vista geografico è evidente che una ripresa premierà i mercati più forti e quindi l’asia potrebbe farla da padrona ma, se la ripresa fosse abbastanza robusta, anche i frontier market potrebbero sovraperformare

Questo non abbatterà il trend di forza dei tecnologici nel medio lungo periodo ma ne dovrebbe far rientrare la forza relativa consentendo di raggiungere valutazioni più elevate non solo ai settori in bolla ma a tutto il corpo del mercato. Il settore obbligazionario difficilmente offrirà extra rendimenti in questa fase ma anzi potrebbe segnare qualche risultato negativo nelle componenti meno rischiose anche se ampiamente ammortizzate dai massicci acquisti delle banche centrali che dovrebbero al limite scemare ma non annullarsi soprattutto se gli investitori non ritorneranno su quei mercati.

La nazionalizzazione di buona parte dei mercati obbligazionari nazionali occidentali è un dato oramai certo con buona pace di tutte le discussioni sul liberismo, la scarsa efficienza statale ecc.

Vogliamo però tornare un attimo sulle premesse iniziali che ancorchè ancorate a temi più prettamente filosofici non possono essere dimenticate da un investitore nel corso del 2021.

Il sistema economico, nel suo evolversi si sta probabilmente avvicinando ad una fase rivoluzionaria che, come ricorda Sebastiano Barisoni nel suo libro “Terra Incognita” riportando il pensiero del filosofo Thomas Kuhn, si distingue perché distrugge i paradigmi esistenti.

Se così fosse è evidente che l’andamento lineare che abbiamo descritto in queste poche righe verrebbe spazzato via e anche il settore finanziario si troverebbe a viaggiare su mappe inesplorate.

Per questa ragione si deve ricordare che una buona asset allocation necessita di una componente di oro come protezione da eventuali eventi rivoluzionari che colpissero il sistema economico sociale e finanziario in cui siamo immersi.

Guerra valutaria o guerra commerciale la parola d’ordine è MAGA

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Make America Great Again è l’acronimo che sta dettando i tempi dei mercati finanziari globali.

Al momento i capitali americani imperano sui trend di mercato creando correlazioni ed andamenti molto divergenti ma che in definitiva premiano costantemente gli asset finanziari USA, che sono anche lo strumento che permette agli USA (ed agli investitori internazionali) di avere i capitali disponibili per comprare gli asset USA soprattutto obbligazionari.

Negli ultimi giorni è lo stesso Trump che è sceso in campo per mediare i trend in atto di forza del dollaro che potrebbero mettere in discussione le strategie  messe in atto dalla sua amministrazione per riassorbire i capitali finanziari USA in giro per il mondo, per gestire la quota del debito pubblico e per poter istruire l’importante piano di investimenti previsto.

La manipolazione geopolitica è al suo top ed evidentemente non riguarda solo gli USA.

Pensiamo ad esempio alla forza degli ultimi mesi dell’acciaio o del petrolio susseguente al primo caso ai dazi e nel secondo caso agli embarghi oppure ancora allo steepening forzoso della curva dei tassi USA dopo le parole di Trump.

Tutti gli attori politici agiscono sui mercati per difendere le proprie posizioni di forza, le manovre più evidenti sono della Cina e del blocco che si oppone allo strapotere USA sui mercati. ma mentre i dati Cinesi sono opachi quelli di altre realtà sono molto più limpide e mostrano strategie di liquidazione degli asset USA ed una diversificazione degli investimenti verso altre asset class. (vedi il grafico sottostante con una riduzione delle obbligazioni governative USA detenute dalla banca Centrale Russa ed un contemporaneo aumento delle riserve in oro).

DigspRVVsAEk7MH.jpgLa de-dollarizzazione di diverse economie è un trend che dovrebbe consentire a diverse economie di sopravvivere ad un ulteriore rialzo dei tassi USA.

Aumentare e diversificare le proprie riserve rispetto a quelle in dollari dopo la crisi europea degli scorsi anni vede di nuovo premiare l’oro come asset di rifugio.

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In questo contesto però la geopolitica non agisce solo a livello di esecuzione di differenti strategie ma agisce anche e soprattutto a livello di aspettative che sui mercati sono tutto.

La guerra dei dati esplosa con l’affaire Cambridge Analytica è solo la punta dell’iceberg di una guerra di trasformazione di miliardi di dati ed opinioni per costruire il sentiment dei mercati in maniera tale da evitare la creazione di bolle speculative ma anche comprimendo l’animal spirit dei mercati e quindi gli stessi rendimenti.

Negli ultimi anni siamo passati da un allarme ad un altro costruito anche sfruttando le paure successive alla grande recessione del 2008. E queste ansie hanno limitato di volta in volta le esuberanze dei mercati di rischio facendo di fatto concentrare la liquidità sugli asset privi di rischio che nel frattempo venivano offerti in grande abbondanza per permettere agli stati di far fronte ai danni della grande recessione.

l’Hard Landing cinese, Brexit, break out dell’Euro, la crisi emergente ecc… ci hanno accompagnato negli ultimi anni con una regolarità impressionante ma senza causare quei danni che tutti immaginavano.

Oltre a questo un secondo fenomeno si è innestato con le elezioni di Trump e cioè il riassorbimento dei capitali USA turistici nel corpo del mercato USA che ha portato ad una lenta ma inesorabile sopravvalutazione degli asset USA nella presunta superiorità dei rendimenti degli stessi, rendimenti gonfiati artificiosamente dalle regole contabili che ne avvantaggiano alcune pratiche (buyback ecc…).

Il MAGA ha avuto appunto i suoi maggiori effetti la dove la potenza USA ha la sua maggiore forza e cioè sui mercati finanziari.

A tal riguardo portiamo alcuni esempi:

1)Gli asset azionari USA sono stati negli ultimi anni i più acquistati con l’accentuazione del differenziale di forza proprio quando è cominciata la politica di QT USA, mentre il resto del mondo è in una fase correttiva non ancora negata gli USA hanno ripreso buona parte delle perdite della correzione precedente.

Certamente la forza dei mercati USA è data da una parte dalle small cap e dall’altra da alcune big cap tecnologiche che hanno tenuto in piedi l’intero mercato e ne hanno mascherato una certa debolezza.

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Questo è anche razionale in considerazione delle politiche implementate da Trump che al momento hanno favorito soprattutto queste due tipologie di aziende in una fase in cui la liquidità disponibile si contrae.

2)I rendimenti obbligazionari HY che in una fase di contrazione di liquidità e di rialzo dei tassi tendono ad aumentare i propri rendimenti più in fretta dei titoli cosi detti sicuri mostrano che al contrario della correzione del 2015/2016 sono i rendimenti emergenti ed europei che stanno allargando maggiormente i propri rendimenti mentre la crisi shale che aveva connotato le obbligazioni ad alto rendimento USA nel precedente periodo sembrano oramai un lontano ricordo con una produzione che grazie al prezzo del petrolio (ed agli imbarghi imposti) è tornato a salire e rendere profittevole le estrazioni.

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3)I cambi hanno visto negli ultimi mesi un robusto recupero del dollaro ed una contemporanea debolezza di alcune valute emergenti con forte debito estero soprattutto in dollari.DiqBfL9WkAMfFd1.jpg

I più penalizzati sembrano proprio quelli che geopoliticamente danno i maggiori problemi agli USA ma è evidente che c’è stata una chiara forza del dollaro ma non è detto che la loro debolezza sia accettata ed infatti non viene vista come una manipolazione del mercato mentre altre debolezze vengono subito maggiormente analizzate per forzare i mercati ora in una direzione ora in un altra.

Venerdì Trump ha twittato:

“China, the European Union and others have been manipulating their currencies and interest rates lower, while the U.S. is raising rates while the dollars gets stronger and stronger with each passing day – taking away our big competitive edge. As usual, not a level playing field. The United States should not be penalized because we are doing so well. Tightening now hurts all that we have done. The U.S. should be allowed to recapture what was lost due to illegal currency manipulation and BAD Trade Deals. Debt coming due & we are raising rates – Really?”

Aldilà delle critiche alla FED poi in parte rientrate c’è una chiara irritazione per le politiche monetarie degli altri paesi che in realtà sono solo in ritardo rispetto al ciclo USA.

La sopra/sotto valutazione di un cambio è sempre difficile da verificare ma una delle tante misurazione ci dice che i valori oscillano regolarmente tra i due fattori ed ad esempio ora il più grande manipolatore dei cambi sembrerebbe essere il Giappone che però non viene mai menzionato mentre la Cina, nonostante la forte correzione di queste ultime sedute risulterebbe ancora con una valuta sopra valutata.

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In queste condizioni di continuo intervento geopolitico sugli asset finanziari non c’è però un vero scontro multipolare ma piuttosto il  tentativo delle varie aree di conquistare ciò che gli interessa a discapito di ciò che interessa meno.

Gli USA sono disposti a ritirarsi parzialmente dal globo ma in cambio di un rafforzamento della propria economia domestica, la Cina è disposta a conquistare alcuni degli spazi lasciati vuoti dagli USA  e quindi è disposta a cedere dal punto di vista economico ma senza causare un hard landing alla proprio economia, l’Europa cerca un autonomia decisionale ed è disposta a fare da bilancia di potenza ma in una fase in cui le singole nazioni mostrano delle forti contraddizioni sulla scena internazionale.

Difficile quindi fare un analisi dei mercati senza avere in testa questo confronto in atto di cui i risultati sono ancora incerti ma che segneranno molto probabilmente un nuovo ordine mondiale anche se non ancora definitivo.

Quando improvvisamente trovi la valuta cinese fortemente correlata all’oro e contemporaneamente con una parità abbastanza stabile con gli SDR emessi dal FMI è evidente che ti trovi di fronte a forze ed eventi particolari dove le spiegazioni sono molteplici e molto probabilmente tutte parzialmente vere.

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E questo lo ripetiamo in un cotesto in cui l’utilizzo dei big data è stato strumento di controllo dell’emotività dei mercati forse più dei sistemi automatici di trading perché ha consentito ai mercati di costruirsi potenti anticorpi emozionali.

Questo periodo dei mercati dura però da molto tempo; il nervosismo di inizio anno è un sintomo dell’insofferenza degli stessi, il mondo delle criptovalute ha fatto da parziale sfogo allo spirito animale dell’Homo finanziario ma l’interesse è via via scemato come il volume transattivo sembra dimostrare.

Il controllo dei mercati sta passando dalle autorità monetarie a quelle politiche ma il cambio per gli investitori potrebbe anche essere più negativo.

O si riesce a costruire una nuova Bretton Woods con adeguate infrastrutture (nuovo GATT/WTO, nuovo FMI ecc…) o le tensioni almeno sui mercati deflagreranno in maniera clamorosa e probabilmente senza preavviso.

Ad oggi il vantaggio USA sembra ancora significativo ma le dimensioni dei contendenti non sono quelle del Giappone anni 80.

 

 

 

Aggiornamento breve

La FED ha deciso di non turbare i mercati, che sono stati moderatamente riconoscenti; ma la fase di attesa continua, e le tensioni sotterranee crescono.

Nel nostro Prototipo vediamo ripetersi le considerazioni di inizio settembre: mercati azionari in stallo, con la notevole eccezione degli Emergenti che restano spinti da attese di stabilità del dollaro e di bassi tassi, ed anche di una relativa assenza di eventi. Eventi che invece sono attesi sui mercati azionari USA ed EU, principalmente le elezioni, con la tornata delle anticipazioni legate alle votazioni locali in Germania e ai discorsi dei candidati in USA. Le tensioni sono mostrate graficamente dalla ripresa del’oro, che era rimasto sonnolento in agosto: e l’altro tema è ancora il petrolio, ora in fase discendente e forse con altra strada da fare prima di decidere un nuovo minimo per rimbalzare se non regge l’attuale valore, arrivando fino al supporto di  42,3 .

Abbiamo aggiunto nei settori monitorati anche il bancario italiano e il lo STOXX EU 600 BANK , settori molto puniti dal mercato anche forse le loro gravi colpe: in questo momento in relativa forza sopra i rispettivi indici generali, sono da tenere sotto osservazione nel caso di modifiche ai regolamenti che risolvano i noti problemi. Altro segmento che aggiungeremo sarà il CRB MET per le commodity: ma il grafico sta diventando affollato e dobbiamo trovare un metodo per renderlo più agevole da leggere anche per voi prototipo

Resoconto

A due settimane facciamo il punto sulle ultime indicazioni date sul nostro Trendmercati.

Premesso che lo scenario base è da un po di tempo in sincrono con le nostre idee vediamo un attimo alcuni degli scenari disegnati per il medio periodo e come sono andati.

1)Overperformance dell’Europa verso gli USA.

In linea di massimo la migliore performance degli indici europei c’è stata ed anche significativa soprattutto verso il NASDAQ ma la seduta odierna ne ha limato la performance. Resta il fatto che il movimento è stato favorevole anche se di poco.

La fine del rally reflazionistico naturalmente potrebbe complicare questo trend che come avevamo detto aveva stop sui minimi che come sempre visto il trend favorevole sarebbe da portare alla pari per evitare perdite.

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2)Usa in possibile consolidamento con Apple da monitorare

Gli USA hanno superato le resistenze che avevamo indicato come possibili soglie di consolidamento ma poco sopra hanno cominciato a rallentare e la debolezza di Apple che ha ceduto il supporto dinamico ha alla fine portato ad un consolidamento dell’indice che per il momento non ha compromesso il trend (ma che ha resistenze importanti poco sotto i livelli odierni). Da notare che Apple ed ora su un doppio minimo molto importante con RSI scarico. Livello chiave da dove vedere il trend prossimo futuro del titolo e forse anche del mercato USA.

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 3)Petrolio. Nel TrendMercati avevamo parlato di un trend positivo salvo Doha. Nel commento successivo avevamo evidenziato le preoccupazioni per le complicazioni geopolitiche del mancato accordo ma anche della possibilità che grazie allo sciopero in Kuwait la correzione fosse di breve durata almeno fino alla fine dello sciopero.

Il petrolio ha corretto ma poi è ripartito ed anche dopo la fine dello sciopero ha continuato il movimento rialzista oltre le nostre aspettative ma comunque nella direzione che immaginavamo.

Riteniamo che il margine di risalita del presso del petrolio sia oramai molto basso in quanto sopra i 50 dollari al barile pensiamo ad un prepotente ritorno della domanda USA e quindi a nuovi e più forti sbilanci produttivi. Certamente un accordo OPEC potrebbe consentire ai prezzi una certa risalita ma riteniamo che l’elasticità dell’offerta sia ora molto diversa che nel passato e possa rapidamente aggiustarsi ai prezzi.

Su questi livelli una pausa ci sta.

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4)Indice italiano con buon potenziale Nel contesto europeo l’indice italiano ha fatto meglio di altri indici (Dax, CAC e AEX ad esempio) mentre verso i periferici è stato allineato ma l’ultima seduta ha scomposto l’indice che però al momento non segnala ancora scenari preoccupanti sebbene la volatilità dei bancari e l’andamento dell’OPA della PopVi non aiuta il settore e le sue valutazioni.

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5) Infine avevamo concluso la carrellata sul Gold concludendo che eravamo neutrali sul metallo giallo in attesa di una sua eventuale fuoriuscita dal range delimitato da alcuni livelli chiave. Dopo le problematiche della BoJ di quest’ultima settimana e la debolezza del dollaro l’oro ha ricominciato a rafforzarsi anche verso altre valute nella seduta odierna segno che oggi è stata una seduta ad alta tensione per chi crede ancora nel rally reflazionistico. Contro il dollaro il doppio break ha portato ad una accelerazione complessiva .

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Nelle conclusioni avevamo poi aggiunto la possibilità che i bond governativi più sicuri avrebbero potuto avere i rendimenti in rialzo cosa che si è puntualmente avverata con un significativo rialzo del decennale tedesco ma anche di quello USA, ancorché più modesto.