Zerohedge è un permabull! La sfida dei nuovi modelli economici all’instabilità dei mercati finanziari

Zerohedge è un conosciuto sito di news economiche politiche e finanziarie globali che ha negli ultimi anni costituito la fonte per un certo tipo di informazione finanziaria che non condivideva il mondo paludato e molto orientato al sistema economico e finanziario in essere proposto dai vari Bloomberg e Reuters.

Il suo approccio negativo verso i modelli conformati di soluzioni economiche alla crisi economica finanziaria degli ultimi anni, la sua impostazione fortemente scettica sugli scenari futuri dell’economia mondiale, la sua costante copertura delle tensioni geopolitiche globali, degli analisti meno conformati e indipendenti ne ha fatto un punto di riferimento per molti operatori dei mercati ed ha rappresentato per un certo verso molte delle opinioni contrarian che nel passato già popolavano la rete ma che non avevano la stessa cassa di risonanza.

Il sito Zerohedge ha cominciato a pubblicare il giorno 09/01/2009 nel pieno della fase finale della crisi finanziaria globale.

Un dato certo è che il comportamento dei mercati finanziari più esposti al rischio dalla  nascita del sito ha avuto sostanzialmente un andamento positivo sebbene non si sia mai realizzato quel fenomeno di crescita eccessiva tipico delle fasi più fortemente speculative perché le opinioni contrarian proposte anche dal sito in questione hanno continuato a torturare le posizioni rialziste degli operatori stimolate da politiche monetarie accomodanti come non mai.

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La liquidità in eccesso ha quindi trovato sfogo su mercati meno regolamentati (Criptovalute ecc…) se in cerca di rischio o viceversa, sui mercati meno rischiosi (bond) quando i timori della crescita proposti dai siti quali zerohedge sembravano prendere il sopravvento sul sentiment dei mercati come nelle fasi correttive del 2011/2015/2018.

Come molti di noi sanno i rischi preventivabili sono  quelli meno rischiosi per i mercati rispetto ai rischi imprevisti perché vengono già incorporati nei prezzi in assenza di distruzioni di liquidità o contrazioni derivanti da fenomeni monetari o esogeni.

Anestetizzare i rischi dei mercati elencandoli pressoché quotidianamente oppure fornendone delle versioni light ed a rilascio lento permette al mercato di costruire le difese necessarie ad affrontarli senza appunto causare danni eccessivi agli stessi.

la sfiducia nei media e nelle istituzioni tradizionali è quindi a nostro avviso servita ad impedire almeno parzialmente che la liquidità in eccesso fluisse in maniera eccessiva sui mercati di rischio (salvo il mercato USA che ha interessi geopolitici troppo elevati per potersi permettere correzioni dei mercati di rischio troppo estese a rischio di perdere il controllo dei flussi finanziari globali) e quindi limitandone il rischio bolla e premiando gli asset soprattutto da un punto di vista geopolitico.

Questa sfiducia però ha costruito anche la possibilità dello sviluppo di posizioni politiche/economiche/finanziarie considerate fino al decennio precedente marginali o eccessivamente rischiose.

Tra queste ha preso piede anche in alcune scelte politiche di alcuni paesi occidentali come il Giappone prima e gli USA di Trump poi l’MMT, cioè le teoria monetaria moderna, il tentativo cioè di trasportare il mondo del Quantitative Easing non solo al decile più ricco della popolazione mondiale ma anche al resto della popolazione, per evitare lo sviluppo della polarizzazione politica e per controllare le emergenti tensioni sociali dei paesi occidentali.

l’MMT è un insieme di ipotesi che tiene in considerazione la possibilità per i governi di espandere la propria politica fiscale aldilà dei potenziali rischi inflazionistici che verrebbero eventualmente gestiti, quando si creano, dalla tassazione che non è più uno strumento ridistrubutivo ma essenzialmente di controllo della moneta.

La materia è diversamente complessa e non mi interessa in questa sede approfondire il tema ma quanto piuttosto valutare le possibili influenze che queste considerazioni possono avere sui mercati.

La reazione dei mercati alla capitolazione delle banche centrali rispetto all’invito delle politica più vicina a queste istanze è stata il furioso rally degli ultimi mesi che ha totalmente ribaltato l’andamento degli ultimi mesi del 2018. Il movimento è avvenuto anche senza le normali incertezze che solitamente si manifestano quando le condizioni economiche non sono ancora positive perché le considerazioni di cui sopra sono state sostenute da tutte le forze intermarket comprese le strategie carry, risk parity e volatility compression.

Il recupero di forza delle criptovalute si innesta in questo contesto di esuberanza dei mercati di rischio e di considerazioni positive.

L’andamento sorprendentemente divergente tra il mercato dei bond, in forte ribasso di rendimento soprattutto nelle scadenze più brevi ,e quello dei mercati più rischiosi, fortemente al rialzo. sembra confermare che le ipotesi MMT possano entrare. anche se parzialmente. nei futuri scenari di investimento.

Naturalmente siamo anche in una fase in cui il rialzo ha già ricevuto molti spunti positivi; come detto nell’introduzione il mercato comincia a non credere più all’enorme mole di potenziali eventi negativi che uno dopo l’altro non si sono mai manifestati apertamente sui mercati. Le news perennemente scettiche sui mercati cominciano a mostrare i propri limiti ma contemporaneamente le strategie a sostegno dei mercati hanno raggiunto il loro zenith o quasi.

Nel frattempo la forza del dollaro comincia a causare dei problemi sul mercato degli eurodollari. Il dollaro internazionale è sempre più in contrazione attratto dalle scelte autartiche della politica USA e questo ha cominciato a stritolare i mercati più deboli e maggiormente dipendenti dal dollaro.

Il nostro problema non è essere permanenti Bull o permanenti Bear ma fornire le informazioni necessarie agli investitori per allocare nel modo migliore le proprie risorse finanziarie.

Le palesi tensioni politiche nei paesi occidentali, l’emergere di scuole economiche considerate estreme o quantomeno nuove nell’approccio, la polarizzazione del mondo politico possono essere trattate per anni come semplici notizie da blog ed anestetizzate nella liquidità fornita dalle banche centrali mammouth (FED BCE) ma quando entrano per davvero ed in maniera sorprendente sui mercati finanziari ne possono deviare i corsi in maniera radicale ed improvvisa.

Il desiderio politico di Trump di avere politiche fiscali espansive e monetarie accomodanti rientrano nel gioco politico per la sua rielezione e possono funzionare ma gli effetti di lungo periodo sono da valutare con estrema attenzione per gli asset finanziari USA e mondiali.

 

Le 4 banche centrali della speranza prendono strade differenti..

L’odierno report del BIS annuale pone come primo grafico del suo report quello della situazione del debito globale.

I lettori di queste righe sanno quanta enfasi abbiamo dato a questo valore così come al costo che questo debito esprime nei confronti dell’andamento economico globale soprattutto perché in diversi paesi esso ha rappresentato un debito prettamente finanziario e non orientato all’espansione del business.

D’altronde i canti dei cantici sulla distruttività dell’innovazione tecnologica non può che far essere prudenti le megacap mondiali con il rischio di consumare soldi in sviluppi improfittevoli o che si mostrano inadeguati nel giro di qualche anno.

Altri grafici che abbiamo selezionato per voi da questo report sono la crescita economica che sembrerebbe secondo le stime ritornare al livello medio del periodo 1982/2007e la politica dei tassi che sebbene in fase di normalizzazione non viene certo gestita come nelle precedenti fasi di rialzo dei tassi e di normalizzazione dei tassi.

Infatti il ciclo dei rialzi è molto più lento e delicato quasi a non compromettere la fragilità di una crescita che sta facendo salti mortali per mantenere i livelli attuali ed evitare un avvitamento che per alcune aree economiche sarebbe l’apertura definitiva a tensioni politiche simili a quelle degli anni 20 e 30 come dimostrato da Bridgewater in un recente report sui populismi.

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Molti analisti nelle ultime settimane si sono focalizzati su quello che noi da diversi mesi stiamo segnalando come il vero rischio per la calma apparente dell’attuale fase di mercato.

Nella fase attuale le 4 banche centrali che fanno da funding in questa fase dell’economia mondiale e cioè FED BCE, BOJ e PBOC stanno cominciando a divergere in termini di politica monetaria.

La FED e PBOC dopo la rinuncia ad una prima fase di rialzo dei tassi nel corso di inizio 2016 a causa dell’improvviso deterioramento delle condizioni id mercato hanno ripreso la strada di politiche restrittive mentre la BCE e la BOJ sono ancora espansive.

Ma l’eventuale riduzione del bilancio della FED a partire da fine 2017 inizio 2018 potrebbe avere insieme alla fine degli acquisti da parte della BCE un effetto restrittivo maggiore di quello attuale e viste le dimensioni della finanza sull’economia un effetto sui valori finanziari più rapido che nel passato.

Vero è che quando Citigroup JPMorgan DB ed alcune boutique di investimento (Gavekal BCA ecc..) lanciano il medesimo allarme è facile che questo venga ammortizzato alfine di non fare in modo che le previsioni si autorealizzino ma non si può negare che un espansione dei valori mobiliari ed immobiliari senza espansione dei redditi e con una quota del debito elevata e con politiche monetarie anche se lentamente restrittive non può durare in eterno quando i margini sono già elevati.

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La domanda che un lettore dovrebbe spontaneamente effettuare ma che per agevolare faremo noi è quando approssimativamente si potrebbe verificare un fenomeno di tale portata.

Tanti parlano di questo autunno, quando la FED comincerà a restringere il suo bilancio, altri quando i tassi americani raggiungeranno un livello di sopportazione massima per la quota del debito presente a livello mondiale che sarà strutturalmente più bassa che nel ciclo precedente, altri ancora quando la BCE comincerà il proprio ciclo di rialzo o di riduzione del proprio bilancio.

Nel grafico sottostante è presentata la prima ipotesi che prende in considerazione anche gli effetti tassi negativi impliciti nelle politiche di acquisto di QE degli anni passati con il modello Wu-Xia di cui vi abbiamo già parlato ma che riteniamo un dato non corretto perché non tiene conto degli effetti della possibile vendita degli asset detenuti dalla FED.

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Personalmente quello che è evidente è che attualmente nonostante il rialzo dei tassi le condizioni finanziarie non sono peggiorate ma anche migliorate per cui la capacità di prestare denaro e fare debito il sistema non l’ha ancora persa e certi aggiustamenti sono figli solo degli eccessi precedenti che tendono ad essere aggiustati piuttosto che da una crisi strutturale degli stessi.

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Ecco che a nostro avviso nonostante il rialzo dei tassi di interessi USA le condizioni dei tassi USA nel loro complesso osservandone gli effetti sia economici che finanziari è ancora strutturalmente espansiva e solo una correzione significativa dei mercati oppure una restrizione dei finanziamenti potrà in qualche modo far deflagrare in maniera più rumorosa.

Come si nota da questo grafico tratto da Bianco Research se le componenti economiche dell’espansione monetaria si sono ristrette (pur rimandendo espansive) in questi anni, le componenti finanziarie hanno continuato ad espandersi creando le condizioni per le tipiche strategie risk parity che alimentano da una parte la forza sia azionaria sia obbligazionaria e dall’altra portano le posizioni short sul vix a livelli inimmaginabili.

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Un improvviso aumento della volatilità potrebbe portare ad un sell off dei mercati soprattutto se gli asset cinesi performeranno bene segno che la diversificazione verso estero degli asset cinesi è in fase di rientro come alcune notizie sembrano confermare (vedi la decisioni delle autorità cinesi di controllare i recenti acquisti fatti all’estero dai conglomerati cinesi).

Come monitorare questi fenomeni ed essere pronti al momento giusto?

A nostro avviso monitorare gli short interest sugli ETF del VIX e sui futures dello stesso strumento, monitorare l’andamento degli asset cinesi, ed infine monitorare l’andamento delle cripto currency permette di avere sotto controllo tutti gli aspetti che caratterizzano il mercato attuale e quindi anche il suo punto di flesso.

Perché le criptocurrency? L’interesse speculativo degli ultimi mesi ha trasformato a nostro avviso le criptocurrency da monete di scambio dal dubbio fine o al massimo come misuratore dei flussi in uscita dai paesi con il maggior controllo finanziario ad un buon misuratore del denaro speculativo presente in questo momento sui mercati.

Come molti hanno evidenziato la loro dimensione rispetto agli scambi mondiali valutari è ancora insignificante ma la crescita impetuosa ne ha trasformato le caratteristiche facendoli diventare (vedi il recente flash crash di Ethereum) il paradiso del denaro speculativo.

Un calo di valore del bitcoin e fratellini potrebbe essere un indizio di una caduta del denaro speculativo o quantomeno un cambio di rotta del sentiment che lo caratterizza attualmente.

https://www.worldcoinindex.com/

 

 

 

 

 

Aggiornamento breve

La FED ha deciso di non turbare i mercati, che sono stati moderatamente riconoscenti; ma la fase di attesa continua, e le tensioni sotterranee crescono.

Nel nostro Prototipo vediamo ripetersi le considerazioni di inizio settembre: mercati azionari in stallo, con la notevole eccezione degli Emergenti che restano spinti da attese di stabilità del dollaro e di bassi tassi, ed anche di una relativa assenza di eventi. Eventi che invece sono attesi sui mercati azionari USA ed EU, principalmente le elezioni, con la tornata delle anticipazioni legate alle votazioni locali in Germania e ai discorsi dei candidati in USA. Le tensioni sono mostrate graficamente dalla ripresa del’oro, che era rimasto sonnolento in agosto: e l’altro tema è ancora il petrolio, ora in fase discendente e forse con altra strada da fare prima di decidere un nuovo minimo per rimbalzare se non regge l’attuale valore, arrivando fino al supporto di  42,3 .

Abbiamo aggiunto nei settori monitorati anche il bancario italiano e il lo STOXX EU 600 BANK , settori molto puniti dal mercato anche forse le loro gravi colpe: in questo momento in relativa forza sopra i rispettivi indici generali, sono da tenere sotto osservazione nel caso di modifiche ai regolamenti che risolvano i noti problemi. Altro segmento che aggiungeremo sarà il CRB MET per le commodity: ma il grafico sta diventando affollato e dobbiamo trovare un metodo per renderlo più agevole da leggere anche per voi prototipo

I motori dei movimenti dei mercati nei prossimi mesi

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Questo bel grafico preso a prestito da un report di Stifel Nicolaus ci serve per mettere a fuoco i macro temi che stanno facendo da guida ai mercati in questi anni e che a nostro avviso saranno ancora il motore che ci guiderà nel prossimo futuro aldilà dei movimenti di breve e medio periodo governati anche da altri fattori.

Lo scopo di questo articolo è fare una ipotesi di lavoro per i prossimi mesi che poi possa essere da guida per i movimenti futuri dei mercati finanziari.

Per far questo però dobbiamo prima individuare i macro trend del recente passato.

Molti dei movimenti degli ultimi anni partono inevitabilmente dal comportamento della FED durante e dopo la crisi dei mutui subprime. Probabilmente nell’ultimo vero atto effettuato da parte della FED come banca centrale dominante dello scacchiere finanziario mondiale, la FED  ha agito in maniera contro ciclica rispetto alla crisi del debito irradiata dai mutui subprime e che ha colpito l’intero sistema finanziario mondiale attraverso vere e proprie emissioni di liquidità effettuate con le politiche di quantitative easing oltre alla costituzione del TARP, la bad bank USA per pulire i bilanci delle principali banche statunitensi.

La liquidità immessa nel sistema insieme alla svalutazione della valuta americana ha di fatto consentito all’economia USA di mitigare gli effetti della crisi rispetto ad esempio alla grande crisi deflazionistica degli anni 30.

Queste politiche però hanno avuto degli effetti sugli altri paesi mondiali ed in primis sull’economia dei paesi avanzati, in primis Europa e Giappone che si sono visti erodere quote di mercato dalle aziende USA oltre che ritrovarsi con una valuta forte e quindi tendenzialmente deflazionistica.

Come risposta quindi al rallentamento delle due aree, soprattutto quella dell’euro, alle prese con politiche di consolidamento fiscale e nonostante la riluttanza tedesca sono state via via implementate politiche di stimolo al sistema finanziario prima e di alleggerimento monetario poi per ribilanciare la forza delle proprie valute e stimolare la domanda del credito.

In questo contesto la Cina e tutti quei paesi emergenti che erano diventati la fabbrica del mondo nell’era della globalizzazione si sono visti costretti ad assorbire parte della deflazione esportata dalle economie avanzate subendo inevitabilmente una perdita in termini competitivi.

Il reorientamento contemporaneo di molte di queste economie verso una economia più orientata ai consumi interni ed il rallentamento causato dall’assorbimento delle svalutazioni competitive dei paesi avanzati ha di fatto causato un rallentamento di queste economie soprattutto nella componente più legata all’importazione di materie prime.

Il calo della domanda di materie prime sposato ad un boom dell’offerta derivanti dagli investimenti messi in atto negli anni precedenti hanno causato un marcato rallentamento dei paesi emergenti esportatori di materie prime che si sono visti costretti a loro volta o a svalutare o a liquidare parte delle riserve per poter sostenere le politiche di spesa pubblica effettuando di fatto un operazione di restringimento monetario sui mercati.

Questo rallentamento dei paesi emergenti legati alle materie prime ha di fatto rallentato ulteriormente l’export cinese che si è vista costretta nel corso del 2015  ad adottare a sua volta politiche di svalutazione controllata e contemporaneamente di difesa del cambio alle prese con un forte deflusso di capitali.

Spostare il cambio fisso da quello con il dollaro a quello di un paniere di valute che rappresentano i principali partner commerciali della Cina è il segnale che la Cina non era più disponibile ha subire le scelte monetarie USA in un momento in cui l’andamento delle due economie era comunque in divergenza e la forza del dollaro stava rendendo sempre più difficile la vita alle imprese cinesi.

Ma la vera ragione di rischio per la crescita cinese sono l’aumento significativo delle tensioni sociali che per una economia pianificata non possono essere tollerate ed è questa la vera ragione della svolta cinese in termini di politica valutaria.

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Naturalmente la svalutazione cinese ancorché controllata esporta a sua volta deflazione verso i paesi avanzati creando un circolo vizioso per cui gli stessi devono rallentare le politiche di restringimento fiscale o addirittura aumentarle per riuscire a limitare il calo delle aspettative inflazionistiche, cosa che crea un’ altra ondata di svalutazioni competitive con il rischio che mentre la svalutazione è un gioco a somma zero l’unica cosa che cresce con tassi sempre più bassi è la leva del debito.

Questo però mette in gioco la credibilità di istituzioni come la FED, che da tempo predicano la normalizzazione dei tassi.

E’ evidente quindi che l’economia è in un equilibrio instabile dove sono due i temi che mettono in apprensione i mercati:

1)Scelta monetaria della FED sbagliata

2)Svalutazione monetaria cinese esagerata

1)Nel primo caso la FED è chiusa in un angolo. Se rialza i tassi troppo in fretta la restrizione della liquidità potrebbe creare ulteriori problemi a molti paesi emergenti con grosse quote di debito in dollari ma anche al robusto andamento del credito domestico, se decide di riabbassarli mette in moto il circolo vizioso descritto precedentemente. L’unica strada percorribile è mantenere un tono tendenzialmente restrittivo ma agire con estrema lentezza e con un occhio alla valuta cinese.

2)Nel secondo caso occorre che le autorità cinesi riescano a controllare la svalutazione dello Yuan che deve essere molto lenta e graduale per non causare un ondata deflazionistica globale in una situazione di debito mondiale senza precedenti che porterebbe ad una recessione globale.

Su queste due partire si decideranno le sorti del mercato e certo gli affondi di queste settimane hanno contribuito ad aumentare le incertezze.

Il mancato coordinamento delle politiche monetarie delle due sponde del pacifico, l’aggressività degli hedge anglosassoni verso le debolezze cinesi non sono segnali incoraggianti.