Le 4 banche centrali della speranza prendono strade differenti..

L’odierno report del BIS annuale pone come primo grafico del suo report quello della situazione del debito globale.

I lettori di queste righe sanno quanta enfasi abbiamo dato a questo valore così come al costo che questo debito esprime nei confronti dell’andamento economico globale soprattutto perché in diversi paesi esso ha rappresentato un debito prettamente finanziario e non orientato all’espansione del business.

D’altronde i canti dei cantici sulla distruttività dell’innovazione tecnologica non può che far essere prudenti le megacap mondiali con il rischio di consumare soldi in sviluppi improfittevoli o che si mostrano inadeguati nel giro di qualche anno.

Altri grafici che abbiamo selezionato per voi da questo report sono la crescita economica che sembrerebbe secondo le stime ritornare al livello medio del periodo 1982/2007e la politica dei tassi che sebbene in fase di normalizzazione non viene certo gestita come nelle precedenti fasi di rialzo dei tassi e di normalizzazione dei tassi.

Infatti il ciclo dei rialzi è molto più lento e delicato quasi a non compromettere la fragilità di una crescita che sta facendo salti mortali per mantenere i livelli attuali ed evitare un avvitamento che per alcune aree economiche sarebbe l’apertura definitiva a tensioni politiche simili a quelle degli anni 20 e 30 come dimostrato da Bridgewater in un recente report sui populismi.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Molti analisti nelle ultime settimane si sono focalizzati su quello che noi da diversi mesi stiamo segnalando come il vero rischio per la calma apparente dell’attuale fase di mercato.

Nella fase attuale le 4 banche centrali che fanno da funding in questa fase dell’economia mondiale e cioè FED BCE, BOJ e PBOC stanno cominciando a divergere in termini di politica monetaria.

La FED e PBOC dopo la rinuncia ad una prima fase di rialzo dei tassi nel corso di inizio 2016 a causa dell’improvviso deterioramento delle condizioni id mercato hanno ripreso la strada di politiche restrittive mentre la BCE e la BOJ sono ancora espansive.

Ma l’eventuale riduzione del bilancio della FED a partire da fine 2017 inizio 2018 potrebbe avere insieme alla fine degli acquisti da parte della BCE un effetto restrittivo maggiore di quello attuale e viste le dimensioni della finanza sull’economia un effetto sui valori finanziari più rapido che nel passato.

Vero è che quando Citigroup JPMorgan DB ed alcune boutique di investimento (Gavekal BCA ecc..) lanciano il medesimo allarme è facile che questo venga ammortizzato alfine di non fare in modo che le previsioni si autorealizzino ma non si può negare che un espansione dei valori mobiliari ed immobiliari senza espansione dei redditi e con una quota del debito elevata e con politiche monetarie anche se lentamente restrittive non può durare in eterno quando i margini sono già elevati.

Questo slideshow richiede JavaScript.

La domanda che un lettore dovrebbe spontaneamente effettuare ma che per agevolare faremo noi è quando approssimativamente si potrebbe verificare un fenomeno di tale portata.

Tanti parlano di questo autunno, quando la FED comincerà a restringere il suo bilancio, altri quando i tassi americani raggiungeranno un livello di sopportazione massima per la quota del debito presente a livello mondiale che sarà strutturalmente più bassa che nel ciclo precedente, altri ancora quando la BCE comincerà il proprio ciclo di rialzo o di riduzione del proprio bilancio.

Nel grafico sottostante è presentata la prima ipotesi che prende in considerazione anche gli effetti tassi negativi impliciti nelle politiche di acquisto di QE degli anni passati con il modello Wu-Xia di cui vi abbiamo già parlato ma che riteniamo un dato non corretto perché non tiene conto degli effetti della possibile vendita degli asset detenuti dalla FED.

fedfund1.png

Personalmente quello che è evidente è che attualmente nonostante il rialzo dei tassi le condizioni finanziarie non sono peggiorate ma anche migliorate per cui la capacità di prestare denaro e fare debito il sistema non l’ha ancora persa e certi aggiustamenti sono figli solo degli eccessi precedenti che tendono ad essere aggiustati piuttosto che da una crisi strutturale degli stessi.

FCI2.png

Ecco che a nostro avviso nonostante il rialzo dei tassi di interessi USA le condizioni dei tassi USA nel loro complesso osservandone gli effetti sia economici che finanziari è ancora strutturalmente espansiva e solo una correzione significativa dei mercati oppure una restrizione dei finanziamenti potrà in qualche modo far deflagrare in maniera più rumorosa.

Come si nota da questo grafico tratto da Bianco Research se le componenti economiche dell’espansione monetaria si sono ristrette (pur rimandendo espansive) in questi anni, le componenti finanziarie hanno continuato ad espandersi creando le condizioni per le tipiche strategie risk parity che alimentano da una parte la forza sia azionaria sia obbligazionaria e dall’altra portano le posizioni short sul vix a livelli inimmaginabili.

usinterest

Un improvviso aumento della volatilità potrebbe portare ad un sell off dei mercati soprattutto se gli asset cinesi performeranno bene segno che la diversificazione verso estero degli asset cinesi è in fase di rientro come alcune notizie sembrano confermare (vedi la decisioni delle autorità cinesi di controllare i recenti acquisti fatti all’estero dai conglomerati cinesi).

Come monitorare questi fenomeni ed essere pronti al momento giusto?

A nostro avviso monitorare gli short interest sugli ETF del VIX e sui futures dello stesso strumento, monitorare l’andamento degli asset cinesi, ed infine monitorare l’andamento delle cripto currency permette di avere sotto controllo tutti gli aspetti che caratterizzano il mercato attuale e quindi anche il suo punto di flesso.

Perché le criptocurrency? L’interesse speculativo degli ultimi mesi ha trasformato a nostro avviso le criptocurrency da monete di scambio dal dubbio fine o al massimo come misuratore dei flussi in uscita dai paesi con il maggior controllo finanziario ad un buon misuratore del denaro speculativo presente in questo momento sui mercati.

Come molti hanno evidenziato la loro dimensione rispetto agli scambi mondiali valutari è ancora insignificante ma la crescita impetuosa ne ha trasformato le caratteristiche facendoli diventare (vedi il recente flash crash di Ethereum) il paradiso del denaro speculativo.

Un calo di valore del bitcoin e fratellini potrebbe essere un indizio di una caduta del denaro speculativo o quantomeno un cambio di rotta del sentiment che lo caratterizza attualmente.

https://www.worldcoinindex.com/

 

 

 

 

 

Prospettive

Chi ci segue da un certo tempo conosce il nostro progetto di educazione finanziaria.

Da una parte stiamo implementando la costruzione di portafogli modello in maniera automatica al fine di dare le indicazioni di trend e di forza relativa di un asset class rispetto ad un altra e quindi di corretta allocazione dei capitali

Dall’altra, attraverso un analisi di tipo semi-discrezionale cerchiamo di andare in profondità su questi trend per verificarne la forza, la convinzione del mercato e soprattutto i rischi che trend perduranti solitamente comportano.

In poche parole andiamo alla ricerca dei veri cigni neri, cioè degli eventi imprevisti o quantomeno con bassa probabilità di riuscita che valutiamo invece sottostimati dai mercati

Esistono in realtà sui mercati algoritmi che fanno entrambi questi lavori in maniera automatica e sebbene molti analisti ritengano che per il 2018 l’intelligenza artificiale sarà in grado di superare l’intelligenza umana riteniamo che al momento ci sia ancora spazio per identificare il sottotraccia attraverso un meticoloso lavoro di analisi discrezionale.

In questo contesto non possiamo dimenticare che viviamo una situazione di mercato senza precedenti nell’epoca moderna, dove l’interventismo delle banche centrali e delle autorità per limitare i danni delle bolle finanziarie gonfiatesi nelle ultime anni, la distruzione produttiva intervenuta con la nuova rivoluzione tecnologica e una situazione demografica che vede la presenza di abbondante capitale la dove le popolazioni tendono ad invecchiare ha portato ad eccessi valutativi su  molte asset class ed in particolare sul mondo obbligazionario.

Dopo le dichiarazione di coordinamento monetario di fine febbraio che abbiamo indicato come spartiacque effettivo di una prima parte dell’anno negativa e di una seconda parte positiva un nuovo flusso di liquidità ad investire i mercati è partito prima dalla BCE ed ora anche dalla Boj che ha deciso di aumentare l’acquisto di ETF.

Nei successivi due grafici  si comprendono bene l’intensità degli acquisti oramai vicino ai picchi del 2009 ma in una situazione economica apparentemente diversa e l’effetto distorsivo sui mercati che vede oramai una grande quantità di titoli obbligazionari corporate quotare con rendimenti negativi.

Sequential-change-in-CB-ex-PBoC-Balance-Sheet

CoUOPXnWIAEgYOW

Se il mercato obbligazionario mondiale risulta con valutazione senza precedenti il mercato azionario americano non risulta certo a sconto nonostante le valutazioni del 2000 e del 2009 risultavano più elevate.

CotScboUMAAi9Ww

Più a sconto risultano invece gli altri mercati azionari che in questi anni, con i vari problemi veri o presunti accumulati hanno visto fuoriuscita di capitali a favore del mercato americano.

Se si osserva l’MSCI World Ex USA si può vedere il pattern grafico che avrebbe dovuto essere quello tipico post bolla ma che per gli USA non si è verificato grazie alle politiche di QE ma soprattutto grazie alla cattura di capitali prima redistribuiti in giro per il globo e che ha permesso ad una certa fetta della popolazione USA di non patire rovesci maggiori sui propri risparmi vista la maggiore esposizione dei propri capitali ai mercati finanziari ed in particolare ai mercati azionari.

MSCI-World-ex-US-2016-07-31-chart

Ora l’obiettivo non dichiarato ma abbastanza evidente dei banchieri centrali è quello di permettere agli USA una normalizzazione dei tassi che non dreni però la liquidità necessaria a tenere in piedi i propri mercati e contemporaneamente permettere anche agli altri paesi di riemergere da una fase di difficoltà anche acuta in certi casi seguendo le orme degli USA per poter in un secondo tempo normalizzare i tassi.

Se da un punto di vista finanziario questo potrebbe anche essere possibile il rischio di un deragliamento delle strategie è molto acuto.

Certamente le numerose crisi senza precedenti che poi non hanno manifestato sul breve gli effetti previsti (Grecia, Cina, Brexit, petrolio ecc…) hanno permesso di anestetizzare i mercati rispetto alle crisi precedenti molto reali e molto più distruttive. Questo esercizio ha di fatto vaccinato il sentiment degli operatori per evitare l’eccesso di ottimismo che potrebbe evitare la bolla nel complesso dei mercati azionari ma sicuramente l’ha creata sul mercato obbligazionario e questo è in realtà potenzialmente più distruttivo.

Ora i nuovi massimi del listini USA sono in realtà giustificati da un miglioramento complessivo delle aspettative sui prossimi dati trimestrali grazie ad un miglioramento significativo delle aspettative sui ricavi ed anche in parte sugli utili.

Il resto del mondo è più abbordabile ma anche in questo caso lo sconto è giustificato dalle minori performance complessive delle aziende di quei paesi.

In questo trend si innesta la rivoluzione tecnologica in corso che è una rivoluzione che in questa fase sta distruggendo lavoro piuttosto che crearlo andando ad abbattere tutta una serie di lavori che rendono ancora più incerto il futuro per larga parte delle popolazioni occidentali e che creano come reazione, un sentimento negativo verso il flusso migratorio provenienti dai paesi in via di sviluppo.

Il problema appunto è che c’è una fetta sempre più larga della popolazione esclusa dall’andamento economico globale e la concentrazione del capitale a livello globale con giganti quali Amazon ed E-bay che prendono sempre più il posto dei piccoli operatori locali.

Il dibattito in USA sulla necessità della crescita dei salari e i primi effetti su questo dibattito che stanno vedendo una accelerazione di questa crescita sono figli di questi timori. Questo però potrebbe frenare la crescita degli utili statunitensi e quindi avere un impatto sul mercato dei capitali americani.

Coo_DNUWgAAk7oK

Inoltre c’è un problema del debito privato USA che per il momento è sottotraccia ma in caso di rialzo dei tassi potrebbe ritornare a pesare su una fetta dell’economia USA.

I consumi della parte debole della popolazione USA sono ripartiti grazie alla leva del debito dopo che a causa della crisi del 2008 la percentuale di popolazione con basso scoring creditizio e debito crescente è scesa fino al 20% dai picchi del 40% ed oltre di inizio 2000.

La stessa classe di rischio ha oggi oltre il 30% della popolazione con debito in crescita.

E se osserviamo nello specifico il debito per finanziare l’acquisto dell’auto la parte della popolazione con credit score tra i più bassi ha visto tornare il livello della popolazione con debito crescente sopra i picchi del 2000; un campanello d’allarme per l’economia USA ed anche per il settore automobilistico esposto su quei mercati. (soprattutto nella gamma bassa di produzione).

autodebtconsumercredit.png

Potrebbe quindi partire una nuova crisi del credito con epicentro gli USA? Questo non lo pensiamo ma certamente l’economia americana comincia da un lato a risultare surriscaldata ma dall’altro non è ancora riuscita ad includere una fetta significativa della popolazione in questa crescita se non con l’ausilio di una pericolosa leva del debito.

Possibile quindi finalmente un nuovo switch di valore dagli asset USA al resto del mondo soprattutto se il tema del vento è cambiato per l’Europa dovesse manifestarsi in maniera più robusta di quello visto fino ad ora e se le materie prime non correggessero di nuovo in maniera significativa.

Ma questo solo se il coordinamento monetario e quindi le decisioni sui cambi continueranno  ad evidenziare un tentativo di coordinamento complessivo tra i vari paesi.

Nel frattempo e più sul breve i listini americani cominciano a mostrare segni di esuberanza che si riverberano un po’ su tutti i mercati (basti pensare all’andamento del titolo Nintendo sul listino giapponese).

In realtà l’indice americano è da 12 giorni intrappolato in un trading range alto come spesso ne abbiamo visti in questi anni e che si sono spesso risolti in una rottura rialzista.

CopHSR_VUAElzmf

Certo la candela weekly è una candela di indecisione ma a nostro avviso con il trend già consolidato da diverse settimane se non capita niente solitamente agosto ha un andamento che riflette il periodo precedente.

Gli indicatori di sentiment come la media mobile a 18 giorni del DSI è molto alta ma ricorda un po il pattern grafico di fine 2013 e quindi potrebbe avere ancora un po di spazio prima di indicare correzione.

CooG0otUEAAD8tw

A nostro avviso monitorare la media mobile a 50 giorni del TRIN potrebbe essere un buon strumento per individuare un eventuale inversione. Un suo significativo aumento di valore indicherebbe molto probabilmente la fine della fase di rialzo che abbiamo vissuto in queste settimane.

spooreexcess2

Come dicevamo riteniamo possibile che in una fase positiva i mercati più indietro dovrebbero performare meglio dell’indice USA mentre in una fase difensiva il mercato americano dovrebbe fare meglio grazie alla presenza di una serie di titoli tecnologici cosi terrorismodetti distruttori di business e quindi che stanno mostrando potenziali di crescita significativi.

Sui cambi regna la legge del movimento laterale del dollaro che prosegue su questa strada per non creare problemi ne all’economia domestica ne agli altri paesi mentre lo Yuan si sta assestando rafforzandosi ed allontanandosi dai minimi di periodo.

Diminuita la correlazione tra prezzo del petrolio ed obbligazioni HY USA anche perché il peso di queste obbligazioni dopo diversi default e ristrutturazioni è sceso rispetto all’indice generale e poi il mercato attualmente sconta il fatto che il prezzo non dovrebbe fare nuovi minimi ed evidenzio come Cesare avesse indicato in un precedente minimo la possibilità di un bottom, magari di breve del petrolio.

Se il prezzo del petrolio scendesse ulteriormente (diciamo sotto i 40 dollari al barile) allora i timori sistemici potrebbero di nuovo presentarsi sui mercati e sul settore.

In conclusione stiamo seguendo il trend ma in un crescendo di scetticismo e speriamo che la rotazione settoriale possa far rivalutare le asset class rimaste indietro rallentando quelle che sono già in bolla da tempo  e ritardare quindi i rischi di un rientro complessivo dei tassi e l’aggiustamento conseguente della valutazioni azionarie.

Inoltre non dimentichiamo i rischi geopolitici sempre più elevati che attualmente si manifestano in un significativo aumento degli episodi terroristici ma che potrebbe prima o poi sfociare in qualche guerra quantomeno di dimensione regionale ma che potrebbe coinvolgere schieramenti attualmente impensabili drenando risorse all’economia finanziaria e quindi alle valutazioni dei mercati (oltre che essere distruttiva per l’umanità intera).

terrorism

 

 

Ma dove vai bellezza in bicicletta?

Non stiamo parlando dell’indice brasiliano Bovespa, che dai minimi di gennaio ha recuperato molto nonostante dati economici pessimi grazie al recupero delle materie prime che pesano fortemente sull’indice e quindi ne amplificano i movimenti oltre al fatto che la svalutazione del real porta gli investitori domestici a cercare asset che possono proteggere da un eventuale forte inflazione e da spread sovrani in allargamento e il mercato azionario ne è un buon compendio (lo Zimbawe insegna…).

Ma non stiamo parlando neanche del FTSE100 che molti vedono come l’indice che è li a dimostrare come la Brexit sia un evento positivo per il mercato domestico dell’Inghilterra dimenticando che il Regno Unito non era nell’area valutaria comune che gli euroscettici considerano come il vero problema dell’Europa.

Non stiamo neanche ad evidenziare l’overperformance del DAX dai minimi del 2009 ad oggi rispetto al FTSE100 e neanche il fatto che anche la borsa italiana sovra esposta in uno dei settori perdenti di questo ciclo sia riuscita dai minimi ai massimi a fare più o meno la stessa performance del FTSE100 dai minimi ai massimi.

Vero è che la sterlina dai minimi del 2009 si è comunque rafforzata nei confronti dell’euro ma in ogni caso questo confronto non tiene conto della negativa performance dei titoli domestici inglesi cioè quelli maggiormente esposti all’economia domestica da quando si è parlato di referendum e poi in accelerazione dopo che il referendum è stato indetto.

Questo  dopo l’ampia sovraperformance dei titoli domestici rispetto a quelli internazionali degli anni passati grazie ad una politica inglese che obiettivamente usufruiva di condizioni di mercato migliori dell’area euro alle prese con una pesante ristrutturazione senza flessibilità e grazie ai risultati favorevoli del referendum scozzese.

Ma non vogliamo entrare in una discussione che riguarda soprattutto la politica e quindi perde i connotati di obiettività che l’analisi dei mercati deve avere aldilà di quello che noi pensiamo perché è più importante capire cosa pensa il mercato e a nostro parere il mercato è negativo sia per l’area euro sia per l’Inghilterra salvo che l’impasse raggiunta non sia sbloccata attraverso due versanti:

1)Una maggiore flessibilità delle politiche complessive dell’europa e soprattutto dei tedeschi

2)Un ripensamento dei politici inglesi rispetto alle decisioni prese.

La bellezza in bicicletta del titolo, con il fisico più bello del mondo è il mercato USA che come avevamo evidenziato nell’ultimo articolo riesce a viaggiare sugli altopiani senza mai intraprendere una discesa significativa.

In questi anni sia i mercati europei sia i mercati emergenti hanno avuto connotati da bear market almeno in molte loro componenti mentre l’indice USA ha avuto una crescita robusta che solo negli ultimi due anni ha visto un rallentamento ma senza particolari cedimenti aldilà di quello di inizio 2016.

Certo il recupero del canale rialzista precedente sarebbe più indicato per chiamare un rally di maggior forza ed è quello che stiamo monitorando ma comunque sullo S&P500 al momento si può parlare solo di un consolidamento alto

S-P-500-Index-2016-07-07-chart

Se infatti la banca centrale USA ha ridotto il proprio QE  al riacquisto dei titoli in scadenza senza nuovi acquisti di titoli governativi o MBS,  in coincidenza con il primo rialzo dei tassi l’effetto di restrizione monetaria ha cominciato a mostrare i suoi effetti nella debolezza del mercato e solo le successive misure espansive delle altre banche centrali delle valute di riserva così come identificate dal FMI hanno consentito una stabilizzazione nonostante la dose di liquidità immessa in proporzione era anche superiore a quella immessa in precedenza con l’intervento della FED.

IMG_20160706_162737

Minor credibilità delle Banche centrali attive o minore fiducia complessiva nelle politiche monetarie complessive?

Probabilmente entrambe le considerazioni; sta di fatto che questa liquidità invece che andare sui mercati finanziari che avrebbero necessità di una rivalutazione dei corsi e nell’economia reale che tende a crescere ma senza particolari entusiasmi continua a fluire soprattutto sui mercati obbligazionari considerati sicuri, che continuano a gonfiarsi anche con rendimenti sempre più negativi e sui mercati azionari selettivamente, cioè su quelli che sembrano maggiormente immuni alle turbolenze economiche e geopolitiche.

Il mercato USA ha queste caratteristiche e nonostante un calo degli utili, nonostante che le azioni siano sostenute essenzialmente dai piani di buyback riesce a rimanere a galla nonostante la sua forza relativa abbia raggiunto gli stessi livelli di quando gli Stati Uniti erano l’unica superpotenza economica del mondo capitalistico.

Cosa può cambiare questa tendenza?. Un evento cataclismatico che faccia cessare i trend in essere oramai da tempo e riversi quindi la liquidità su nuove idee e nuove considerazioni.

Essendo trend davvero secolari riteniamo che il cambio di tendenza potrà avvenire solo quando il modello economico USA sarà soppiantato da qualche altro modello di crescita o comunque affiancato da modelli di crescita differenti e riteniamo che una inversione degli andamenti dei tassi secolare possa essere il segnale tecnico di questa inversione.

IMG_20160706_211951

US-30yr-Bond-Yield-2016-07-07-chart

I motori dei movimenti dei mercati nei prossimi mesi

svalutazionicompetitive

 

Questo bel grafico preso a prestito da un report di Stifel Nicolaus ci serve per mettere a fuoco i macro temi che stanno facendo da guida ai mercati in questi anni e che a nostro avviso saranno ancora il motore che ci guiderà nel prossimo futuro aldilà dei movimenti di breve e medio periodo governati anche da altri fattori.

Lo scopo di questo articolo è fare una ipotesi di lavoro per i prossimi mesi che poi possa essere da guida per i movimenti futuri dei mercati finanziari.

Per far questo però dobbiamo prima individuare i macro trend del recente passato.

Molti dei movimenti degli ultimi anni partono inevitabilmente dal comportamento della FED durante e dopo la crisi dei mutui subprime. Probabilmente nell’ultimo vero atto effettuato da parte della FED come banca centrale dominante dello scacchiere finanziario mondiale, la FED  ha agito in maniera contro ciclica rispetto alla crisi del debito irradiata dai mutui subprime e che ha colpito l’intero sistema finanziario mondiale attraverso vere e proprie emissioni di liquidità effettuate con le politiche di quantitative easing oltre alla costituzione del TARP, la bad bank USA per pulire i bilanci delle principali banche statunitensi.

La liquidità immessa nel sistema insieme alla svalutazione della valuta americana ha di fatto consentito all’economia USA di mitigare gli effetti della crisi rispetto ad esempio alla grande crisi deflazionistica degli anni 30.

Queste politiche però hanno avuto degli effetti sugli altri paesi mondiali ed in primis sull’economia dei paesi avanzati, in primis Europa e Giappone che si sono visti erodere quote di mercato dalle aziende USA oltre che ritrovarsi con una valuta forte e quindi tendenzialmente deflazionistica.

Come risposta quindi al rallentamento delle due aree, soprattutto quella dell’euro, alle prese con politiche di consolidamento fiscale e nonostante la riluttanza tedesca sono state via via implementate politiche di stimolo al sistema finanziario prima e di alleggerimento monetario poi per ribilanciare la forza delle proprie valute e stimolare la domanda del credito.

In questo contesto la Cina e tutti quei paesi emergenti che erano diventati la fabbrica del mondo nell’era della globalizzazione si sono visti costretti ad assorbire parte della deflazione esportata dalle economie avanzate subendo inevitabilmente una perdita in termini competitivi.

Il reorientamento contemporaneo di molte di queste economie verso una economia più orientata ai consumi interni ed il rallentamento causato dall’assorbimento delle svalutazioni competitive dei paesi avanzati ha di fatto causato un rallentamento di queste economie soprattutto nella componente più legata all’importazione di materie prime.

Il calo della domanda di materie prime sposato ad un boom dell’offerta derivanti dagli investimenti messi in atto negli anni precedenti hanno causato un marcato rallentamento dei paesi emergenti esportatori di materie prime che si sono visti costretti a loro volta o a svalutare o a liquidare parte delle riserve per poter sostenere le politiche di spesa pubblica effettuando di fatto un operazione di restringimento monetario sui mercati.

Questo rallentamento dei paesi emergenti legati alle materie prime ha di fatto rallentato ulteriormente l’export cinese che si è vista costretta nel corso del 2015  ad adottare a sua volta politiche di svalutazione controllata e contemporaneamente di difesa del cambio alle prese con un forte deflusso di capitali.

Spostare il cambio fisso da quello con il dollaro a quello di un paniere di valute che rappresentano i principali partner commerciali della Cina è il segnale che la Cina non era più disponibile ha subire le scelte monetarie USA in un momento in cui l’andamento delle due economie era comunque in divergenza e la forza del dollaro stava rendendo sempre più difficile la vita alle imprese cinesi.

Ma la vera ragione di rischio per la crescita cinese sono l’aumento significativo delle tensioni sociali che per una economia pianificata non possono essere tollerate ed è questa la vera ragione della svolta cinese in termini di politica valutaria.

workeprotestchina

Naturalmente la svalutazione cinese ancorché controllata esporta a sua volta deflazione verso i paesi avanzati creando un circolo vizioso per cui gli stessi devono rallentare le politiche di restringimento fiscale o addirittura aumentarle per riuscire a limitare il calo delle aspettative inflazionistiche, cosa che crea un’ altra ondata di svalutazioni competitive con il rischio che mentre la svalutazione è un gioco a somma zero l’unica cosa che cresce con tassi sempre più bassi è la leva del debito.

Questo però mette in gioco la credibilità di istituzioni come la FED, che da tempo predicano la normalizzazione dei tassi.

E’ evidente quindi che l’economia è in un equilibrio instabile dove sono due i temi che mettono in apprensione i mercati:

1)Scelta monetaria della FED sbagliata

2)Svalutazione monetaria cinese esagerata

1)Nel primo caso la FED è chiusa in un angolo. Se rialza i tassi troppo in fretta la restrizione della liquidità potrebbe creare ulteriori problemi a molti paesi emergenti con grosse quote di debito in dollari ma anche al robusto andamento del credito domestico, se decide di riabbassarli mette in moto il circolo vizioso descritto precedentemente. L’unica strada percorribile è mantenere un tono tendenzialmente restrittivo ma agire con estrema lentezza e con un occhio alla valuta cinese.

2)Nel secondo caso occorre che le autorità cinesi riescano a controllare la svalutazione dello Yuan che deve essere molto lenta e graduale per non causare un ondata deflazionistica globale in una situazione di debito mondiale senza precedenti che porterebbe ad una recessione globale.

Su queste due partire si decideranno le sorti del mercato e certo gli affondi di queste settimane hanno contribuito ad aumentare le incertezze.

Il mancato coordinamento delle politiche monetarie delle due sponde del pacifico, l’aggressività degli hedge anglosassoni verso le debolezze cinesi non sono segnali incoraggianti.