Come avevamo evidenziato nell’ultimo articolo la debolezza USA poteva essere alimentata da diversi elementi ma ritenevamo probabile che al momento il contagio non si manifestasse perché la resistenza dei mercati USA ha anche natura geopolitica.
Dobbiamo pensare che una riduzione significativa dei capital gain sui mercati USA porterebbe ad una significativa riduzione non solo della ricchezza complessiva USA ma anche ad un calo significativo della collezione delle tasse federale e quindi un aggravamento del deficit complessivo.
Per poter attirare i flussi di capitali gli USA devono mantenere un’ attrattività degli asset che non dipenda solo dal rendimento degli stessi ma anche dalla forza relativa manifestata a spese di qualunque altra forza.
Come abbiamo già evidenziato i mercati colpiti non sono solo quelli con squilibri economici ma anche quelli colpiti da sanzioni made in USA o comunque in contrasto con i capitali USA.
Una cosa da evidenziare è che mentre nel passato il QE USA ha sostenuto i mercati globali nelle fasi di minor fiducia negli stessi ora mentre gli USA ritirano liquidità in maniera tale da contrarre solo i dollari internazionali, nello stesso tempo diverse banche centrali di paesi avanzati stanno ancora espandendo la propria liquidità che tende però ad essere attratta dai rendimenti USA e che quindi è inefficace per stabilizzare la crescita di quelle aree.
Inoltre c’è un ondata di rialzi dei tassi che sono però strumentali a rendere interessanti valute che stanno patendo la fuoriuscita dei dollari internazionali piuttosto che rialzi spinti da pressioni inflazionistiche.
In questo contesto gli operatori finanziari hanno impostato strategie unidirezionali molto robuste e sostenute anche da posizioni speculative che segnano il long dell’azionario USA (attraverso anche posizioni al ribasso sul vix) e il ribasso sui prezzi delle obbligazioni e sull’oro oltre che di tutto quello che non è made in USA.
Posizione premiata dalla put politica di Trump.
TrendMercati 